di Daniela Giuffrida
A seguito della collaborazione tra i Dipartimenti regionali dei Beni Culturali e dell’Urbanistica, nel 2009 in Sicilia furono varati i Piani Paesaggistici. Questi erano stati previsti come strumento utile a stabilire strategie ed interventi mirati a tutelare e valorizzare il patrimonio culturale e ambientale dell’isola.
Nell’agosto del 1985 la legge Galasso riprese una legge del 1939 (la n. 1497) e stabilì che sono sottoposti a vincolo paesaggistico:
i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con Regio decreto 11-12-1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
i ghiacciai e i circhi glaciali;
i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;
le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
le zone umide incluse nell’elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13-3-1976, n. 448 ( il decreto DPR concernente la “esecuzione della convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat di uccelli acquatici, firmati a Ramstar nel 1971)
i vulcani;
le zone di interesse archeologico.
Poi, una legge regionale – la 15/91 – diede facoltà all’assessore regionale dei BBCCAA ad impedire qualsiasi trasformazione del paesaggio attraverso vincoli di immodificabilità assoluta.
I piani paesaggistici in Sicilia sono stati adottati soltanto in 6 provincie e l’area della catena settentrionale (Monti Peloritani), della provincia di Messina ricade
nell’ ambito 9 di questo piano. Il rispetto del Piano ha permesso alla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di dare parere negativo alla costruzione dell’Impianto a Combustibile Solido Secondario (termovalorizzatore) ma – come afferma l’associazione M.A.N. onlus in un suo comunicato – “lancia un’altra tegola sul futuro della Centrale Termoelettrica Edipower, nel comune di San Filippo del Mela“
Infatti, pare che presso una delle superfici inedificate interne alla Centrale, i saggi archeologici abbiano evidenziato, la scorsa estate, la presenza di un insediamento del periodo post-imperiale e sembra che l’insediamento possa coinvolgere anche l’area in cui dovrebbe sorgere l’inceneritore.
La sezione Beni Archeologici ha pensato bene di notificare alla Edipower e al Comune di San Filippo del Mela, l’avvio della procedura di vincolo prevista dal Codice dei Beni Culturali per tutta l’area in cui dovrebbe sorgere l’inceneritore.
“Per quest’ultima – riferisce l’associazione M.A.N. – la Sezione Beni Archeologici della Soprintendenza, con prot. n. 2829 del 23/10/2015, aveva già subordinato il suo pronunciamento sul progetto di inceneritore alla effettuazione delle indagini preliminari: l’avvio oggi della procedura di vincolo è un riconoscimento solenne dell’importanza di quanto già ritrovato e di quanto potrebbe ritrovarsi anche nell’area interessata al progetto di inceneritore.“
A prescindere, comunque, dai ritrovamenti che potranno essere effettuati nell’area che Edipower vorrebbe destinare al trattamento del CSS – continua il comunicato degli ambientalisti – la procedura avviata denuncia l’incongruenza di una eventuale autorizzazione a bruciare spazzatura accanto all’area destinata a vincolo e in un contesto generale in cui i ritrovamenti archeologici già effettuati sono ampiamente diffusi e parte integrante del territorio. “Corpi estranei – sostengono gli ambientalisti – sono quelli di Edipower e delle altre industrie presenti, che il Piano destina alla progressiva dismissione.
“Le scriventi Associazioni, con le osservazioni presentate nella procedura di VIA presso il Ministero dell’Ambiente, hanno espressamente segnalato questa grave interferenza del progetto con le evidenze archeologiche presenti non solo nel sito della Centrale, ma anche nell’intero comprensorio. Secondo il dr. Giovanni Mento, dell’Associazione MAN Onlus, l’iniziativa della Sezione per i Beni Archeologici della Soprintendenza ‘è un’ulteriore conferma della naturale vocazione del territorio, base per un suo auspicabile indirizzo verso uno sviluppo sostenibile, legato alla notevole presenza dei beni culturali e ambientali, punti fondamentali per la crescita socio economica, oltre che culturale’.
Duro l’avv. Nino La Rosa, Presidente dell’Associazione I Cittadini Villafranca Tirrena e referente territoriale del Movimento Salviamo Il Paesaggio: ”Speriamo che questa iniziativa della Soprintendenza, che avrà il suo peso nella procedura di Via per l’inceneritore, non venga minimizzata dalle realtà locali e dalla stampa (così come è stato per il diniego della stessa Soprintendenza del 5 novembre 2015): sarebbe incredibilmente un incoraggiamento per Edipower, anche se, con il parere negativo pronunziato anche dal Ministero dei Beni Culturali, l’art. 26 del D.Lgs. 42/04 non sembra lasciare spazio ad alcuna ipotesi di inceneritore”. Adesso bisogna vedere se anche questo provvedimento verrà impugnato da Edipower; la battaglia potrebbe essere solo all’inizio!”