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Immagine del redattoreDaniela Giuffrida

QUESTI SICILIANI

di Daniela Giuffrida


Io: “Buonasera signora, mi scusi, mi sono persa… mi indica la strada per Linguaglossa?”

Lei (giovane donna che sta riponendo un sacco di monnezza nell’apposito contenitore): “Linguaglossa, eh? Si, dunque vediamo… ma lei dove deve andare?”.

Io (penso ma che le frega? Le ho detto Linguaglossa, che ce vò, sarà qui da qualche parte.): “Dunque signora, io dovrei raggiungere Linguaglossa per poi proseguire per Fiumefreddo da dove, se la trovo, mi infilerò nell’autostrada per Catania e finalmente potrò andarmene a dormire nel mio lettone, dopo aver dato da mangiare al mio gattino che a quest’ora piagnucola, visto che ho dimenticato di preparagli la cena.”.

Lei sorride intenerita mentre poggia in terra il suo sacco pieno di rifiuti: “Ah, c’ha un gattino e come mai non gli ha lasciato da mangiare? Sarà uscita di fretta.  Sa, io volevo un gatto ma mio marito mi ha regalato un cagnolino. Certo, il cane ha bisogno di più attenzioni, ma siccome Gianni – mio marito – è disoccupato, se ne occupa lui. Sa, se non lavoravo me ne sarei occupata io visto che è stato un suo regalo (altrimenti avrebbe pensato che non lo avevo gradito). Certo, forse era meglio non portarlo a casa ma per fortuna mia madre ci aiuta.”.

Io: “E certo, signora con la crisi che c’è. Meno male che almeno uno che lavora in casa c’è e poi se non ci fossero le mamme… – le sorrido – Del resto, mia cara signora, al cane basta una sola persona che lo porti fuori, no? Senta, ma tornando a Linguaglossa…”

Lei ride (secondo me ha deciso di prendermi in giro): “Si giusto, Linguaglossa… allora, mi faccia pensare… si! Lei deve andare dritto, sempre dritto, alla seconda traversa, gira a dritta (e con la mano indica a destra) poi prosegue ancora dritto e poi a dritta ancora… insomma sempre a dritta deve andare e poi incontra la statale che la porta dritta dritta a casa sua e al suo gattino… che poi, sono le due poverino, si sarà addormentato senza mangiare…” e fa una smorfia di disappunto che sa tanto di rimprovero.

Io le sorrido: “Grazie signora, mi saluti il suo cagnolino.”

Lei mi sorride: “E’ stato un piacere, signora, mi saluti il suo gattino e venga a trovarmi se ripassa da queste parti. Vede io abito lì.” e mi indica il portone in legno dagli stipiti in pietra lavica dal quale l’avevo vista uscire.

Vado via, sempre dritto e a dritta finché non raggiungo la statale per Fiumefreddo.

Sorrido ancora quando mi fermo alle prime case di Linguaglossa per lasciar passare una grossa volpe che attraversa la strada trascinandosi dietro un grosso sacco azzurro.

Nella strada buia ci siamo solo io e lei che si muove adagio, senza fretta, per niente spaventata dai fari della mia auto: li spengo per non infastidirla. Lei salta sul muretto di cinta di una casa colonica abbandonata, poi allunga il collo, riafferra il sacchetto e con uno strattone lo tira su. La vedo allontanarsi dietro alcuni cespugli, lì potrà gustare indisturbata la sua cena.


Una folata di vento freddo entra attraverso il finestrino aperto e mi regala un brivido: sono fredde le sere in montagna. Respiro adagio i profumi della notte mentre il mio sguardo vaga fra finestre chiuse e balconi fioriti. Dimentico lo squallore di una cloaca a cielo aperto, visitata nel pomeriggio, le montagne di eternit abbandonate dentro il letto asciutto di un vecchio torrente, la mia indignazione sprecata, il dolore nel constatare ancora una volta quanto possa essere aberrante distruggere veri angoli di paradiso. Ma, ovunque, cespugli di gelsomini e ginestre in fiore si mischiano con i variopinti fiori della bella di notte e i loro effluvi generosi, mischiandosi, cancellano ogni bruttura dalla mia mente: amo questa “mia” terra piena di contraddizioni.

Mi piace la mia gente, questi siciliani piccoli, troppo spesso poveri e in difficoltà. Persone buone e disponibili  che non rinunciano mai ad un sorriso se ti rivolgi loro con gentilezza.

Penso alla loro voglia di vivere al meglio anche se con poco e di raccontarsi anche negli aspetti più poveri e insignificanti di una quotidianità da “vinti” che nulla ha da spartire con i vinti di memoria verghiana. Piccoli uomini e donne che riescono a trasmettere emozioni e a tirar fuori le proprie storie solo in cambio di un sorriso.

Rivedo ancora il volto sereno della signora del cagnolino e mi sento piccola piccola mentre un vago senso di colpa mi chiude lo stomaco, sapesse cosa mi ha condotto dalle sue parti, sapesse quante “porcherie” ho trovato a due passi da casa sua.

La volpe è sparita, deve aver trovato ciò che cercava. Io riparto, premo sull’ acceleratore della mia auto: ho bisogno di andare a casa, sono un po’ stanca.

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