Di Beppe Miceli
Il percorso che ognuno di noi sta compiendo, antispecista, vegetariano, vegano, antivivisezione, cinofilo, ecologista, ambientalista… si esprime in una miriade di sfaccettature più o meno diversificate per raggiungere uno scopo simile ed abbastanza convergente: il benessere degli altri organismi viventi e la loro sopravvivenza in sintonia con la nostra entità.
Un cammino che si sviluppa lungo un itinerario di nuove scelte, alimentari o meno, irto di ostacoli che ognuno di noi cerca di scavalcare, nei limiti delle proprie possibilità, confrontandosi in continuazione con la capacità d’essere coerente.
E’ lungo il viaggio. Estenuante questo percorso che conduce all’amore puro, cristallino, senza limiti. Un vero e proprio percorso etico. Qualcosa di interminabile perché matura e si accresce con noi.
Ogni giorno ci troveremo davanti un pezzo di cammino in più da percorrere. Un viaggio che richiede amore incondizionato verso l’eliminazione della sofferenza, di qualsiasi tipo essa sia: un viaggio che sicuramente si perderà all’infinito. In parole povere è realmente un viaggio senza meta, perché esisterà sempre qualche organismo vivente, animale o vegetale, di cui dovremo nutrirci o che metterà a rischio la nostra salute e che quindi dovremo sacrificare per garantire la nostra sopravvivenza.
Questo viaggio è senza un traguardo ben preciso perché anche l’essere vegani o semplicemente fruttariani, comporta il sacrificio di altri organismi viventi per sfamarsi, seppure si tratti di cellule vegetali. Dovremmo essere fatti di solo spirito ed allora faremo a meno di cibarci, di vestirci, di interrelazionarci, di servirci per la sopravvivenza di oggetti e strumenti nella maggior parte dei casi creati con materiali di origine animale o vegetale. Quindi anche l’esagerata attrazione verso il cibo viene a perdere d’interesse e si finisce per nutrirci con le quantità necessarie al nostro mantenimento senza tendere al di più.
Purtroppo accade diversamente. Siamo intrappolati in questo pianeta dell’orrore da dove è impossibile sfuggire, dove si corre verso la disperata ricerca del superfluo e dove la popolazione aumenta sconsideratamente, senza essere in grado di porsi alcun limite. Un pianeta dove le risorse vanno esaurendosi giorno dopo giorno.
Forse è questo il vero senso del peccato originale che dobbiamo scontare su questa terra, cui fa riferimento il cristianesimo. Forse una volta eravamo davvero solo spirito puro. Chissà…
Siamo quindi intrappolati dentro questa nostra carcassa fatta di cellule viventi che invecchiano e che muoiono. Un contenitore che ha necessità di nutrirsi di altre sostanze organiche per crescere, per riprodursi, per sopravvivere, per soddisfare il desiderio di mantenere accesa la fiamma della nostra vita.
E noi che abbiamo scelto la possibilità di seguire un percorso etico, dobbiamo scegliere il modo migliore per poterlo fare, danneggiando meno possibile il prossimo, contribuendo a questo scopo, ognuno secondo le proprie possibilità fisiologiche, etiche e spirituali.
Ci troviamo qui a discuterne proprio per comprendere quanto possa esser giusto, da parte di ognuno di noi, esprimere giudizi pesanti verso chi, rifiutando il vegetarismo e il veganismo, si comporta in maniera difforme da ciò che noi animalisti pensiamo dovrebbe effettivamente esser fatto.
Ognuno di noi, in un momento antecedente del proprio percorso, è stato un orco affamato di tenere carni d’ogni tipo, uno strafottente, un assassino, anche semplicemente ammazzando formiche, zanzare o scarafaggi. Mica è indispensabile uccidere lepri, fagiani, cinghiali o bambini per sentirsi un orco. Lo so che disturba sentirsi chiamare orchi. Purtroppo, quando uccidiamo i più deboli, lo siamo davvero. Oggi lo siamo di meno ma lo siamo sempre e comunque.
Ecco perché dobbiamo imparare a rispettare gli altri e la nostra stessa dignità, per ciò che facciamo e ciò che trascuriamo di fare. Perché tutti abbiamo ancora un passo in più da poter compiere. Tutti, nessuno escluso. Ed è un discorso che rivolgo per primo a me stesso che più volte ho giudicato arbitrariamente il comportamento altrui.
Ognuno di noi sta facendo ciò che può. Osserva, ascolta, riflette, elabora, matura, concretizza a modo proprio un nuovo modo di vivere, di relazionarsi con gli animali, di alimentarsi e di rispettarli. C’è chi è già diventato vegetariano, chi vegano. C’è chi pensa di cominciare questo percorso e aspetta l’occasione giusta.
Troviamo quindi il coraggio per accettare i commenti di chi sembra volerci ferire quando ci accusa di essere mangiatori di cadaveri o di prodotti derivati dalla prigionia e dalla sofferenza animale: perché meritiamo queste ferite e la nostra reazione, anziché scaricarsi contro chi ci ferisce, va indirizzata contro i nostri comportamenti che ancora stentano ad evolversi. Se mancassero questi commenti mordaci, crudeli, pesanti, mancherebbe anche un senso etico, una morale comune, una forma di socializzazione davvero evoluta.
Ci stiamo avviando verso questo tipo di risultato migliorativo con graduale progressione anche se ci sembra di procedere invano, verso un orizzonte infinito, seguendo una curvatura terrestre che nasconde la luce del faro.
Ma il faro c’è: bisogna solo avere fiducia e continuare a cercarlo. Il nostro percorso è in avanti, mai all’indietro. Di questo dobbiamo prendere consapevolezza e farcene motivo di speranza.
Forse, la metamorfosi ultima, quella che passa da crisalide immobile a farfalla che vola, il vero importante passaggio che ci attende, consisterà nell’evolverci verso la direzione di puro spirito, abbandonando queste forme corporee che ci legano ai sensi che tanto amiamo, al cibo e all’orrore. Chissà cosa ci prospetta la nostra evoluzione.
Nemmeno il cieco bruco imbozzolato nella crisalide poteva immaginare che un giorno sarebbe riuscito a volare e ad avere degli occhi, per godere dei colori.
Già… chissà cosa ci aspetterà al termine del ciclo evolutivo.